Antonio Pitloo è l’artista olandese che ha immortalato le bellezze di Napoli in veri e propri capolavori, rendendo la Città famosa in tutto il mondo.
di Ersilia Di Palo

Fu un amore a prima vista, un’attrazione fatale quella di Antonio Pitloo per Napoli, che durò tutta la vita. E Napoli lo adottò tra i suoi figli, riconoscendolo grande artista e intitolandogli una strada nel quartiere Vomero.
Giunse a Napoli in quel lontano 1816, con una tela e pochi soldi ma con tante speranze nel cuore. Abbagliato dall’azzurro splendente del cielo e del mare e dai mille colori della costa, prese dimora sulla spiaggia di Chiaia, che incominciò a ritrarre nei suoi innumerevoli quadretti.
Ai primi dell’Ottocento, Napoli era la meta preferita di giovani intellettuali, artisti e possidenti, che andavano alla ricerca di atmosfera romantiche e di paesaggi mozzafiato. Posillipo era il luogo preferito dei turisti che acquistavano quei souvenir, quei piccoli capolavori d’arte di Antonio Pitloo, per portare con loro un’emozione, un ricordo vivo di Napoli.
Da poeta qual era, Pitloo dava ai suoi dipinti un’impronta decisamente romantica, intrisa di suggestioni personali, di vibrazioni di luci e colori, che colpivano la sensibilità del turista ma che presto divennero oggetto di desiderio anche della nobiltà partenopea.
Il ‘Boschetto Francavilla al Chiatamone’, fu il dipinto che nel 1824 lo consacrò maestro e gli riconobbe la cattedra di Paesaggio all’Accademia delle Belle Arti.
Egli fu tra i primi a dipingere all’aria aperta, facendo del paesaggio napoletano la sede di una scuola pittorica. Antonio Pitloo fu il vedutista più amato e apprezzato di quella prima metà dell’Ottocento, che raccolse intorno a sé una schiera di allievi dando vita alla “Scuola di Posillipo”.
Molti furono gli allievi che, sulle tracce del maestro, presero a raffigurare le bellezze paesaggistiche di Napoli e della Campania, movimentate da scene di vita quotidiana, che andarono prepotentemente ad arricchire la cultura napoletana presso l’aristocrazia e le Corti di mezza Europa.
Dopo la morte del maestro, avvenuta il 22 giugno del 1837 per un’epidemia di colera, Giacinto Gigante fu il massimo interprete di quella “Scuola di Posillipo”, colui che meglio espresse la volontà di cogliere il vero e quella quotidianità fremente e viva che era l’anima della città di Napoli.
Per chi volesse rendere omaggio ad Antonio Pitloo non ha che da recarsi al Cimitero Britannico di Via Nuova del Campo 25 alla Doganella, dove un monumento marmoreo commemorativo di notevole pregio artistico, recante un bassorilievo con il suo volto, celebra il personaggio e la sua eredità artistica.