Bullismo. Emergenza educativa

Il bullismo è un fenomeno complesso. Necessita di un intervento educativo, di modelli etico-valoriali in grado di adottare condotte civili.

a cura di Catia Pulice

Bullismo. Emergenza educativa
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Il bullismo è un fenomeno complesso caratterizzato da azione violente, ostili, intimidatorie, che vengono esercitate su soggetti apparentemente più fragili.

Questo fenomeno spinoso, studiato per la prima volta nel 1978 in Norvegia, ebbe tra i suoi esponenti più illustri, lo psicologo svedese Dan Olweus, pioniere degli studi e degli interventi in questo campo. Egli fu il primo ad usare, in quegli anni, il termine inglese “bullying”, per indicare le prepotenze fra pari nelle sue ricerche pionieristiche sulla violenza scolare che portarono alla formulazione di un programma di antibullismo ampiamente adottato nelle scuole dei paesi nordici.

Olweus (1996), considerato, ad oggi, tra le massime autorità a livello mondiale in tema di aggressività e bullismo “identificò anche i primi criteri per individuare il problema del bullismo” e poterlo differenziare da altre possibili interpretazioni come il gioco turbolento, gli atti distruttivi, le ragazzate, gli incidenti o scherzi e i giochi pesanti tra pari, tipici del processo di maturazione degli individui. La sua definizione di bullismo prevedeva, infatti, delle azioni offensive nei confronti di un compagno reiterate nel tempo: per Olweus, quindi, è determinante per poter ascrivere un comportamento offensivo al bullismo, la ripetizione sistematica delle azioni ostili anche se meno gravi nel loro complesso di una sola azione isolata ma estremamente violenta, operate sia dal gruppo sia dal singolo individuo. In questa prima definizione ci si riferiva, in particolare, alle offese fisiche e verbali; solo successivamente si è riconosciuta.

Dopo ben nove anni, e quindi esattamente nel 1987 il termine bullismo iniziò ad apparire su importanti riviste scientifiche.

Il fatto che questo fenomeno sia stato scoperto negli anni 70, non significa che sia nato necessariamente in quegli anni. E’ molto probabile che questa ignobile forma di sopraffazione sia sempre esistita, ma che si sia manifestata in modo più incisivo nel tempo.

E’ possibile che inizialmente non venisse fuori la vera natura del bullismo, perché atteggiamenti leggeri potevano essere ricondotti a condotte scherzose, ma lo psicologo enfatizza la differenza tra il bullismo e lo scherzo in una situazione di gioco, precisando che lo scherzo di solito avviene tra amici e non provoca un dolore fisico all’altro; al contrario il bullismo coinvolge persone che non hanno relazioni amichevoli.

Ad ogni modo, anche uno scherzo, che può sembrare un’azione spontanea e leggera, può evolversi in trasformarsi in qualcosa di più importante e di più invasivo.

E’ facile infatti che un soggetto possa avvertire la vera natura dell’azione posta in essere e possa intenderla nella sua evidente e inconfutabile negatività.

Quali sono i fattori e le cause all’origine del bullismo? Il bullismo, precisa lo psicologo, non nasce da un unico seme, ma sono tanti e diversi i fattori implicati in questo fenomeno.

Le cause all’origine del bullismo, evidenzia lo psicologo, sono plurime e riconducibili a fattori individuali o dinamiche di gruppo: il temperamento del bambino, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai mass media, l’educazione impartita dai genitori o dalle istituzioni scolastiche e altre variabili collegate all’ambiente sociale.

I modelli educativi genitoriali hanno un ruolo fondamentale tra le possibili cause del bullismo sia che siano eccessivamente severi, sia che siano troppo permissivi.

Se, infatti, si ricorre eccessivamente all’uso di punizioni fisiche il bambino percepirà che la violenza come l’unico mezzo per fare rispettare le proprie regole. Se, invece, si lascia un’eccessiva libertà ai propri figli, non percependo i limiti oltre i quali i comportamenti non sono più consentiti, essi agiscono di conseguenza, in maniera prepotente e prevaricatrice.

Olweus (1996), ha individuato tre fattori nell’educazione familiare, che hanno un ruolo determinante nella predisposizione dei ruoli di bullo e più in generale dell’aggressività nei maschi e precisamente:

L’atteggiamento emotivo di indifferenza, di mancanza di calore e d’affetto della figura materna nei primi anni di vita;

Il permissivismo educativo nella fase dell’età evolutiva, specialmente verso comportamento aggressivi;

L’abuso di autorità punitiva fisica, sin dalla prima infanzia che non consente di elaborare appieno l’aggressività nel bambino.

Le vittime, invece, presentano quadri familiari completamente differenti: i genitori di questi ultimi, sono spesso eccessivamente coesi e iperprotettivi nei loro confronti. Specialmente una stretta dipendenza verso la figura di attaccamento principale che ritarda l’autonomia necessaria per la gestione delle relazioni con il gruppo dei pari.

Le vittime dei bulli sono generalmente soggetti fragili e indifesi, che soffrono molto spesso di alcune forme di isolamento sociale. L’apparire deboli e indifesi, aumenta, chiaramente, il rischio di diventare vittime di bullismo.

Ci sono alcune caratteristiche fisiche, ad esempio, che ne aumentano le possibilità, tra cui l’essere in sovrappeso, o avere una qualsiasi forma di deformità fisica.

Le ricerche che si sono susseguite nel tempo, hanno consentito di tracciare un quadro ben preciso anche del bullo, del carnefice che agisce sui deboli con ferocia, con arroganza e con violenza.

Le ricerche hanno dimostrato che la maggior parte di essi, presenta uno stile di personalità arrogante e incline al narcisismo. Si tratta di soggetti che presentano disturbi dell’umore o di disregolazione emotiva. Credono di essere onnipotenti perché si avvalgono della forza fisica, della prepotenza e di atteggiamenti ai limiti della decenza. Alcuni studi dimostrano ancora come questi soggetti, prevaricatori e tirannici, abbiano la necessità di sentirsi al centro del mondo. Desiderano essere ammirati, cercati, applauditi e tendono a mostrarsi sempre disponibili con i seguaci, adolescenti come lui, impegnati a costruirsi un’identità forte e indipendente.

Gli studi hanno focalizzato l’attenzione anche sulle famiglie dei bulli ed evidenziato una certa ambivalenza: può essere che un bullo provenga da una famiglia che non ha fornito un ambiente molto accogliente per la crescita, e che abbia utilizzato modalità educative prevalentemente punitive, spesso anche in senso fisico, o che provenga da un contesto familiare caratterizzato da uno stile interattivo sin troppo democratico e permissivo risultato poi incapace di porre dei limiti ai comportamenti troppo aggressivi dei propri figli.

Il bullo suscita nei compagni di classe o di scuola, emozioni contrastanti che lo rendono sempre più forte e sempre più prepotente. Bisogna fermarlo, bisogna arrestare la violenza, l’aggressività e la prepotenza di chi si crede onnipotente a discapito di chi ha un’educazione, una cultura che non gli consente di rapportarsi con il più forte e il più gagliardo.

Per Ciucci e Fonzi (1999), autori di importantissimi testi, ciò che spinge i bulli a comportamenti prepotenti sarebbe il potere di controllo. Questo traguardo aumenterebbe la loro visibilità e il loro potere. Diventare un punto di riferimento. Questo un altro obiettivo.

Loro hanno bisogno di conferme e di visibilità per sfuggire alla noia, all’indifferenza, a problematiche psicologiche causate, nel tempo, da inadeguatezze e mancanze importanti.

A prescindere da tutte queste importantissime premesse, che sono il frutto di studi e ricerche condotte da seri professionisti, credo nella necessità di un intervento educativo che sia capace di sradicare questo modus vivendi.

E’ opportuno che le istituzioni e le famiglie lavorino per perseguire gli stessi obiettivi. Una corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia per emarginare questo fenomeno dilagante. Ad ognuno il suo compito.

Per fare questo è importante riflettere sulla realtà odierna, che ci mostra una società malata, degradata, frustrata, in piena decadenza educativa e morale, una società dove l’apparire è l’obiettivo prioritario. Giovani aggressivi, arroganti, presuntuosi e spesso anche estremamente irrispettosi e maleducati. Il risultato che ne consegue, è un’omologazione di stili di vita e atteggiamenti fuorvianti che impediscono di adottare condotte civili. Nessuno, in questo contesto malato, sopraffatto dal nulla, conosce il valore dell’amicizia, della vita, del rispetto, dei valori che sono alla base del vivere sociale.

Scuola e famiglia, ora più che mai, devono attivare una collaborazione attiva contro il bullismo affinché non si ripetano episodi di violenza tra i giovani. Adottare metodi e modelli etico-valoriali che siano capaci di prevenire, di contenere, di limitare ogni forma di violenza.