Cambridge Analytica e la commercializzazione dell’opinione

di Marco Marchesini

Scrittura, stampa e internet. Queste sono tre delle più rivoluzionarie invenzioni che l’uomo abbia mai concepito. Fin da quando furono introdotte, l’uomo ne ha fatto sede privilegiata di informazioni ed opinioni, che nel procedere degli anni sono diventate sempre più rapide e diffuse, finché non si è giunti alla nostra contemporaneità, in cui la fruizione diventa pressoché universale e istantanea. Nel secolo XV la stampa a caratteri mobili di Gutenberg velocizzava la circolazione dei testi, rendendoli di facile e velocissima ricezione (sebbene non ancora universalmente accessibile). Nel XVIII secolo, il primo giornale di opinione, lo Spectator, in Inghilterra, plasmava pensieri e idee che fecero scuola in tutta Europa e si iniziava a comprendere l’importanza della sfera pubblica e della sua opinione, e di come questa sia in grado di influenzare ogni aspetto della società.

Secolo XXI. Internet diventa il luogo esclusivo dell’opinione e della comunità, dove la comunicazione diventa basilare e globale, e dove l’individuo si reca per assorbire e filtrare la maggior quantità possibile di informazione che l’uomo abbia mai immaginato. Questa, fra tutte le grandi rivoluzioni, fu forse la più repentina e destabilizzante. A pensarci si rimane sempre sbalorditi. Da qui, il passo è immediato: se nell’internet risiede l’opinione, nell’internet risiede la politica. Ed ecco che così, la rete diventa anche il luogo della “pancia” e delle emozioni dell’individuo, dei toni alti che richiamano a sé elettori dallo spirito indignato, degli scandali giornalieri e per questo effimeri, passeggeri, insensati.

È questa la nuova riserva dove andare a caccia di consensi. Qui si possono trovare innumerevoli prede indifese che ancora devono realizzare in che mondo sono stati catapultati, in questa foresta sterminata di informazioni, opinioni, fatti. Prede già stordite che cercano qualcuno che le prenda e le conduca per mano. Per completare il puzzle manca solo un tassello: la commercializzazione. In un sistema in cui si è abituati a consumare e a trasformare qualsiasi cosa in capitale, anche se non del tutto fisica, anche la politica e l’opinione finiscono nella rete della fruizione per il guadagno. La politica raccoglie consenso nello stesso modo in cui il mercato crea l’oggetto di consumo: assecondando la volontà del compratore e creando un vero e proprio “business del consenso”. In questo meccanismo svalutante, anche la guida di un paese viene affidato alla volubilità del consumatore confuso che vagabonda in questa fitta foresta. Fu deciso che la finalità del mercato doveva essere quella di creare clienti consapevoli e informati che compiono scelte razionali. Quella della politica dovrebbe essere lo stesso, ma i risultati per entrambi sembrano essere l’esatto opposto.

Questo meccanismo, Cambridge Analytica lo ha capito fin troppo bene. Tempestati di informazioni e propaganda subdola, l’elettore, inconsapevole del fenomeno in cui è stato travolto, viene condotto a compiere scelte irrazionali, senza rendersi conto del potere che risiede nella sua opinione. Perché un altro tassello che aggiunge un immagine confusa nel puzzle già scompigliato della realtà, è la difficoltà di distinguere ciò che è serio da quello che serio non è. E il fatto che le influenze progettate abbiano davvero avuto l’effetto sperato da Cambridge Analytica ne è la prova.

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