Maggie Van Der Toorn olandese trapiantata in Italia dal 1980 ha fatto diversi lavori prima di dedicarsi alla sua passione: la scrittura. La sua avventura letteraria è iniziata nel 2012 quando ha ideato, scritto e organizzato il musical per famiglie “AnimalEstate”. Da allora ha ricevuto riconoscimenti per lei inaspettati. La lista delle sue premiazioni è lunga ma è da citare “Labirinti”, una raccolta di racconti per L’erudita casa editrice e “Posti a sedere”, sempre per la stessa casa. Ha ora pubblicato il suo quarto libro ma il primo come romanzo di narrativa “Colori invisibili” per Pegasus edition.
– Maggie Van Der Toorn, una olandese che si sente anche italiana e che scrive in italiano. Cosa ti ha spinto a trasferirti tanto tempo fa in Italia?
Ciao Daniela, grazie per questa intervista e un saluto a tutti i lettori di Ragguagliami! Fin da ragazza ho sempre avuto il sogno di scoprire altre terre e ritrovarmi in un popolo diverso dal mio di appartenenza. Mio padre era un marinaio, probabilmente ho ereditato da lui questo bisogno di viaggiare. Poi durante una vacanza in Italia, all’età di solo sedici anni ho conosciuto un ragazzo, ed è stato quello il motivo per cui, appena mi sono diplomata, ho scelto di trasferirmi in Italia. Decisione presa con l’incoscienza di una adolescente, ma è stata la scelta più bella della mia vita perché in questo paese adottivo mi sono trovata subito al mio agio. Sia per la cultura che per il territorio, ma soprattutto perché tra me e gli italiani c’è un certo feeling che ha permesso di evolvere la mia personalità. E dopo tanti anni mi considero più italiana che olandese, anche se le proprie radici non si dimenticano e fanno da base ad una continua crescita internazionale.
– E’ stato difficile per te prima pensare e poi scrivere in italiano?
Direi di no. E’ stato un avvenimento del tutto naturale. Certo, la barriera della lingua ha creato a volte qualche incomprensione, ma tutto sommato non lo ritengo “difficile”. Non parlavo affatto l’italiano quando mi sono trasferita, ma tramite le varie esperienze di lavoro, e di amicizia, ho acquisito una conoscenza sempre maggiore della lingua. E mi ci sono trovata. L’italiano è una lingua così ricca e permette milioni di espressioni che nella mia lingua madre mancano un po’. A parte il suono, bellissimo, è una fonte di ricchezza per le espressioni del pensiero più profondo.
– Scrivere per te è stata una necessità oppure un caso?
Scrivo storie fin da piccola, da quando avevo sei anni e scrivevo per il giornalino della scuola elementare, in olandese ovviamente. Ho mantenuto questa passione finché mi sono trasferita in Italia, poi tra il lavoro e la famiglia mi sono interessata in altro. Ma poi, ad un certo punto, quando mia figlia è cresciuta e ho trovato più tempo per me stessa, ho ripreso in mano la penna e la mia passione. Scrivere per me è viaggiare e esternare il più profondo di me stessa e del mondo che mi circonda.
– Hai vinto numerosi premi letterari, ti aspettavi un così bell’impatto nell’editoria?
Per nulla! Sono stati gli amici a spronarmi di partecipare ad un concorso letterario, che ho poi vinto, ed è stato il primo di molti. Un bellissimo inizio e un incentivo notevole per continuare. E’ stata la casa editrice di Giulio Perrone ad avermi accolta, affiancandomi con le pubblicazioni e le varie iniziative. Un bellissimo ingresso nel mondo editoriale. Un bel trampolino ed un’ottima scuola.
– Veniamo al tuo primo romanzo di narrativa “Colori invisibili”. Innanzitutto il titolo come lo hai creato?
Colori Invisibili è il mio quarto libro, ma primo romanzo. Sono abituata a scrivere racconti brevi e scrivere un romanzo non è stata proprio una passeggiata, ma anche in questa esperienza ho imparato tanto e devo molto alle persone che mi sono state vicine. I Colori Invisibili sono un parallelismo tra colori ed emozioni, come fonte di benessere e malessere allo stesso tempo: una maschera per nascondere la realtà per paura di affrontarla, di doversi scoprire. Una metafora, descritta nella storia di un uomo e una donna, due personaggi a cui devo molto. Attraverso di loro ho scoperto cose di cui non avevo idea, ho provato emozioni che solo loro sono stati in grado di suscitare in me, e spero potranno suscitarli anche a chi leggerà il romanzo. Il titolo è nato quasi insieme all’idea, non poteva essere diversamente.
– E’ la storia di due persone che hanno sofferto, Alba e Remo, due persone diverse fra loro per esperienze e tutto però con un qualcosa in comune: ad un certo punto non vedevano più i colori invisibili dell’anima. Come ti è venuta l’ispirazione per creare i due protagonisti?
Guardandomi attorno. Mi definisco una “emotioner”, significa che guardo, colgo, elaboro poi cerco di ritrasmettere quello che ho percepito. Mi appassiona ascoltare le persone, non solo tramite le parole, ma anche dalle vibrazioni che mi arrivano. E possono essere le persone care, ma anche completi estranei. Adoro viaggiare da sola, perché così posso immergermi totalmente nelle storie che mi circondano senza interferenze. Alba e Remo sono figure di fantasia, ma sono nati dentro di me, fanno parte di me e di quello che ho accolto lungo il mio percorso.
– Nel romanzo affronti anche il tema della violenza sulle donne, quella che Alba subisce dal proprio compagno fin quando non decide di scappare con il proprio bambino e di ricominciare una nuova vita. Anche Alba aveva bisogno di riscoprire i “colori invisibili”. Dimmi chi è Alba e chi è Remo, anche lui non vede da tempo i “colori invisibili” del mondo.
Alba è una donna coraggiosa, che ha trovato la forza di dare un calcio ad un passato violento e di ricominciare. E ci sta riuscendo, ma ha paura di rivivere la paura, la sofferenza e vuole tutelare innanzitutto la vita di Victor, suo figlio. Remo è un uomo che affronta un cammino di introspezione inattesa quanto meticolosa, per andare avanti. Le loro strade si incrociano, poi si dividano, creando così l’occasione per trovare ognuno il proprio colore dell’anima.
– Nel libro c’è una frase: “un rapporto a due serve per ritrovarsi nell’altro, non per rifugiarsi”. E’ quello che pensa e vuole Alba e che Remo nega. Tu Maggie come la vedi?
Mi fa piacere che tu abbia accolto questo passaggio Daniela! Infatti nel libro ci sono diversi citazioni con cui ho cercato di descrivere emozioni celati da situazioni diverse. In questo caso intendo sottolineare quanto sia importante di vivere bene la propria autonomia, di amare e voler bene, sì, ma di lasciare libertà all’altro, in uno scambio reciproco che diventa sempre più costruttivo e fortifica sia il rapporto che l’indipendenza.
– “Colori invisibili” è la storia di una crescita umana dei due protagonisti. Mi definisci in due aggettivi il romanzo?
Emotivamente liberatorio.
– Ora andrai in giro per l’Italia a promuovere il libro, come speri verrà accolto dal pubblico?
Incontrare il pubblico è la cosa più bella che possa succedere ad un’autrice o autore. Scrivere è un’azione solitaria, anche se nei miei lavori ci sono tante persone e personaggi coinvolti. Vedere il lettore da vicino, scambiare opinioni, avere un feedback diretto è il mio nutrimento. Senza il pubblico il mio lavoro non potrebbe esistere, perciò sono grata per ogni incontro, critica, suggerimento e scambio. E’ attraverso questi incontri che capisco come la mia scrittura viene percepita ed è una buona base per crescere e scrivere sempre meglio, almeno ci provo. I lettori mi donano sempre qualcosa di speciale, del tutto loro, la visione sulla mia scrittura e sono fonte di nuove idee.
Per ora ho due date certe: 10 marzo al Museo della Regina a Cattolica (RN) alle ore 16 all’interno della rassegna letteraria Book Share, e il 16 marzoa Roma, alla EX Galleria in Via Baccina 66, alle ore 18.30.
Ma ce ne saranno altre, quando avrò la conferma le comunico sul mio blog e su FB. A presto!