Uscito in sala appena due giorni prima della nuova chiusura dei cinema causa covid-19, il film di Francesco Bruni, “Cosa sarà” che inizialmente si doveva chiamare “Andrà tutto bene”, è un inno alla vita.
di Renato Aiello
“Strano il mio destino”, viene in mente il titolo di una canzone di Giorgia del ’96 per descrivere, almeno in sala, il percorso dell’ultimo film di Francesco Bruni, regista e sceneggiatore toscano ben noto per il suo esordio con Scialla e per i tanti film scritti con Paolo Virzì.
Persino il titolo di questo film ha subito una modifica prima dell’approdo in sala e alla Festa del Cinema di Roma a ottobre: inizialmente si intitolava Andrà tutto bene, e ne era prevista l’uscita a marzo 2020, prima però che la pandemia fosse segnata in Italia, come in molti altri paesi europei, dal leitmotiv sopraccitato, insieme agli immancabili arcobaleni ai balconi. E quando finalmente sembrava potesse guadagnare l’attenzione del pubblico nel suo habitat naturale, è arrivato il DPCM del 25 ottobre, quello che ha sancito la chiusura di cinema e teatri: praticamente solo due giorni di vita in sala, una sorta di Ultimo Spettacolo per molti appassionati.
Già disponibile in streaming on demand e farà sicuramente un ritorno in sala, dove per una volta, dietro la consueta mascherina indossata in poltrona, scorrono anche lacrime di commozione oltre al consueto vapore che ci fa appannare gli occhiali. Ci si commuove ma si ride anche, e forte in alcuni passaggi: un perfetto equilibrio tra commedia e dramma che è la chiave di volta su cui si regge l’intera storia di Bruno Salvati, regista alle prese con una brutta malattia del sangue che gli ruba il sonno e ogni speranza.
Interpretato da un magnifico Kim Rossi Stuart, davvero in stato di grazia e meritevole di un David di Donatello, il protagonista affronta il calvario delle analisi e della ricerca di un donatore di midollo insieme ai parenti e a una sorella ritrovata, inaspettata: un incontro di solitudini e fragilità pieno di tenerezza e non privo di equivoci iniziali, come già accaduto nei precedenti Scialla (stai sereno) e Tutto quello che vuoi.
“La fragilità del cristallo è una raffinatezza e non una debolezza”, recitava la sorella di Chris McCandless in Into the Wild: niente di più vero per i protagonisti di questo film, per Bruno che ancora non metabolizza l’etichetta di bambino sensibile datagli dai genitori quando era piccolo, e per il figlio ansioso che sviene alla prima vista di un ago in ospedale. Persino la più forte, dura, spigolosa figlia di Bruno ha un momento di cedimento nel bel confronto col padre nell’hotel di Livorno, città in cui si recano per trovare la sorellastra di Bruno.
Rossi Stuart è l’ideale alter ego del regista Bruni, che qui fa la comparsa in una scena agrodolce di cinema per degenti, tutti rigorosamente con mascherina sul volto: quasi un presagio del 2020 che avremmo vissuto in questo mondo diventato improvvisamente un gigante ospedale a cielo aperto. Anche lui passato attraverso il limbo dei ricoveri in ospedale, Bruni racconta una storia semi-autobiografica con una dolcezza disarmante e un tocco che scalda il cuore a ogni inquadratura.
Al suo protagonista basta muovere gli occhi per disegnare emozioni, gioie e paure: “Non voglio morire qui dentro”, sussurra sul suo letto, tra visioni e sogni materni. Cosa sarà è uno straordinario inno alla vita e agli affetti, nonostante le incomprensioni, i matrimoni finiti e tutti i rapporti slabbrati in famiglia (soprattutto quello padre -figlio).
Complice la Livorno di Francesco Bruni, avvolta nella luce splendida della Terrazza Mascagni, la trasferta alla ricerca del “donatore con le cellule buone” ricorda un po’ le atmosfere de La prima cosa bella di Virzì, scritto da Bruni 10 anni fa: altro film commovente, almeno per chi ha scritto questa recensione.
Comprimari eccellenti sono Raffaella Lebboroni, moglie del regista, che qui interpreta la dottoressa di Bruno, la sorellastra Barbara Ronchi (vista di recente in Padrenostro con Favino a Venezia) e Lorenza Indovina, l’ex moglie che tutti vorrebbero: amica e sempre pronta a stare vicino, ad assistere, nonostante l’amore di un tempo sia finito, o forse solo trasformato.
Quello che conta è esserci e prendere il largo della vita per “perdersi nel mondo”, come canta Morgan in Altrove, tra le canzoni della colonna sonora di Cosa sarà (notevole anche la glaciale Lighthouse di Patrick Watson in uno dei passaggi più intensi del film).