Le ultime vicende del governo Conte appaiono come la cronaca di una morte annunciata. Ma valori di democrazia, integrazione, cooperazione individuale e internazionale, tolleranza e convivenza pacifica sono valori innegoziabili che stanno subendo un profondo attacco da quelle stesse istituzioni che dovrebbero invece promuoverle e difenderle ad ogni costo.

Le ultime vicende del governo Conte, per molti che seguono anche un minimo le vicende politiche degli ultimi tempi, appaiono come la cronaca di una morte annunciata, fagocitato dall’azionista di maggior rilevanza, che giorno dopo giorno è riuscito ad inglobare in sé non solo consensi, ma vittorie sul campo, calpestando inoltre il nemico dopo ogni sua conseguente disfatta.
Chi ha compiuto il delitto non ha dovuto far altro che dare un’ultima piccola spinta ad un governo nato sull’orlo di una faglia, di una spaccatura insanabile che di volta in volta si andava ad alimentare da una parte, con la perpetua esigenza di protagonismo, di raccolta ossessiva di consenso, di politiche disposte a scavalcare ogni cosa e ogni persona pur di raggiungere il suo scopo; dall’altra da una sostanziale incompetenza nel partecipare alla vera vita politica che si svolge al di là delle proteste spicciole e confusionarie.
Per ciò che riguarda il governo, è facile capire chi rivesti quale ruolo. Il contorno, in questo poco più di un anno di incapacità interne e politiche becere, dove molto si sarebbe potuto contestare e contrastare, appare anche esso stravolto da continui scontri nati da un divorzio perenne, insanabile anch’esso, e che lascia quell’esasperato vuoto che (come impone la legge della politica), dev’essere riempito. Anche qui, il gioco delle parti è piuttosto chiaro.
Eppure, di fronte a tutti questi stravolgimenti (così frequenti che ormai nemmeno sembrano più tali), il vero parametro preoccupante riguarda direttamente i cittadini. C’è infatti qualcosa di più pericoloso, di più allarmante di tutta la politica rozza di Salvini, che alla fin fine rimane contingente, di più impellente della politica delusoria di Di Maio: è il consenso stellare che questo tipo di politica bassa ed esclusivamente emotiva riscuote; preoccupa la facilità con cui sembra potersi prendere gioco dei cittadini che troppo spesso manifestano un’inquietante coscienza assopita, indifferente, incallita; preoccupa un’opposizione smarrita che non ha le idee né la compattezza necessarie per scuotere le coscienze critiche dei cittadini.
Allora è oggi che ci viene imposto di parlare, perché ogni disimpegno individuale è ormai colpevole. Non si può più tacere, ma occorre prendere una posizione per difendere le grandi conquiste culturali e sociali della nostra epoca risorta a fatica dalle ceneri del secondo dopoguerra. I valori di democrazia, integrazione, cooperazione individuale e internazionale, tolleranza e convivenza pacifica sono valori innegoziabili che stanno subendo un profondo attacco da quelle stesse istituzioni che dovrebbero invece promuoverle e difenderle ad ogni costo.
Se davvero si teme una deriva che mina alle nostre basi più importanti, è chiaro che questa non può essere arginata dalla politica stessa, proprio in quel momento in cui due vecchie conoscenze (Renzi e Grillo) sembrano tornare ad avvicinarsi nel disaccordo e nel clamore generale. E quando la politica perde questo potere, è il cittadino a trovarsi in mano (come sempre ha avuto, ma troppo spesso dimenticato) il pieno potere e la totale possibilità di dirigere il suo futuro.
In un momento in cui la protesta e il dissenso (anch’esso un diritto sempre più minato) non riescono più a passare attraverso la politica, è il singolo, nella sua individualità, che deve ergersi e far sentire la sua voce più forte che mai, consapevole che la sua voce si unirà con quella di tutti gli altri in una grandiosa collettività che tutela da sé il proprio diritto alla protesta e a tutti quei valori fondamentali di cui non può fare a meno.
La vera emergenza è quella di sollevarsi contro le forme di populismo che offendono le nostre intelligenze, è scontrarsi contro i razzismi e i fascismi che una società così confusa e impaurita rigurgita dalle ore più buie del suo passato. Occorre farlo in nome di una società civile che non ha bisogno della politica per pensare in maniera autonoma e critica, ma riesce individualmente e collettivamente (allo stesso tempo) a mettere al primo posto l’uomo, a porlo finalmente come fine senza che esso diventi mai il mezzo, che creda nella sua cultura di apertura e solidarietà; che, in un’epoca così globale e connessa come la nostra, giudica spregevole e assurda ogni barriera che si erige tra i popoli; che crede nell’importanza della formazione e dell’educazione a questi valori che abbiamo ritenuto sempre parte di noi e che auspichiamo per ogni generazione a venire.