Fino al 15 novembre, salvo nuove disposizioni anti covid, la riserva naturale faunistica degli Astroni è aperta al pubblico con una mostra sui Dinosauri che ha già fatto il giro d’Italia.
di Renato Aiello

Inizialmente i primi ritrovamenti di ossa e scheletri degli antichi dinosauri fecero pensare ai popoli mediterranei ed europei che davvero fossero esistite creature mitologiche come i Giganti, i Ciclopi, addirittura i draghi nel Medioevo. Talvolta alcuni fossili erano etichettati come “scherzo del diavolo” dalle genti più superstiziose.
Non poteva approdare perciò in una terra più avvolta dal Mito di quella flegrea la mostra Dinosauri in carne ed ossa, dopo aver fatto tappa a Gubbio, Fiumicino, Bitti, Rovereto e Bologna. Dal 4 luglio il cratere degli Astroni, riserva naturale faunistica di gran pregio alle porte di Napoli, ad Agnano per la precisione, ospita l’esposizione di una quindicina di esemplari riprodotti a grandezza naturale, con una precisione e dovizia di particolari davvero impressionante.
Fino al 15 novembre, salvo nuove chiusure e disposizioni legate all’emergenza sanitaria in corso, grandi e piccini possono rivivere un’avventura giurassica in una vera oasi naturalistica che, sebbene non corrisponda proprio alla vegetazione di quell’era geologica, rimanda sicuramente al fascino della saga cinematografica creata da Steven Spielberg.
Il percorso di quasi 6 km inizia col Diplodocus, sauropode che accoglieva anche i visitatori del Jurassic Park in una delle primissime scene del film, e si snoda nella natura più incontaminata, costeggiando il laghetto col suo osservatorio degli uccelli, fino alla radura dominata dal dinosauro forse più famoso di tutti, il T-Rex: una piana che ricorda molto la scena della corsa tra i Galliminus del film degli anni ‘90. E non mancano il Triceratops, indimenticabile in una delle sequenze più poetiche del film di Spielberg, il letale Velociraptor, qui riprodotto nelle sembianze del Deinonychus che spunta dalla vegetazione, il carnivoro Spinosaurus che fu protagonista del terzo capitolo della saga giurassica, o l’Hadrosaurus col becco ad anatra.
Del resto è tesi ormai condivisa dagli scienziati che gli unici veri eredi dei rettili giganti siano proprio gli uccelli nella scala evolutiva (“Non guarderete più gli uccelli allo stesso modo”, sussurrava il paleontologo Alan Grant al bimbo in Jurassic Park) e nell’ex riserva di caccia dei Borbone, ora abitata proprio dalla fauna avicola, la mostra si inserisce perfettamente in un discorso zoologico e paleontologico.

C’è spazio persino per la riproduzione del secondo ritrovamento italiano, effettuato alle porte di Roma e perciò ribattezzato Tito come l’imperatore romano, di un esemplare fossile, il primo sauropode mai rinvenuto nella nostra penisola, che si aggiunge al ben più noto Ciro, lo Scipionyx samniticus di origine campana.
La suggestione che queste creature producono sui bambini di oggi e su quelli di un tempo è risaputa, forse collegata inconsciamente al rapporto che da piccoli instauriamo coi nostri genitori e nonni, ed essa assume forma anche nel tenerissimo Maiasaurus alle prese con le uova del nido, unico dinosauro forse uso ad accudire i piccoli fin dalla “cova”.
I dinosauri spesso vivevano in zone vulcaniche, anche per il calore di cui potevano beneficiare i nidi, e nell’ex cratere vulcanico degli Astroni, così vicino al complesso di bocche sulfuree situato a metà strada tra Napoli e Pozzuoli, questo particolare ci rammenta anche il rapporto che l’uomo, specie dominante attuale sul pianeta Terra, ha con i vulcani, in particolare nel napoletano, dove i cittadini sono stretti tra l’abbraccio fatale col Vesuvio a Est e con la caldera dei Campi Flegrei a Ovest.
Ma il lascito di questa mostra nel visitatore non riguarda solo le reminiscenze di Storia Naturale, cinefile o geologiche: essa offre infatti anche lo spunto di una riflessione sul tema dell’estinzione, nell’epoca del riscaldamento globale dovuto all’effetto serra (notizia recente è il nuovo allargamento del buco dell’ozono sull’Antartide), nonché sul rapporto Uomo – Natura, Uomo – Scienza. E tutto torna ancora una volta alle parole di Michael Crichton in Jurassic Park, romanzo da cui fu tratto il fortunato film di fantascienza, sull’ingegneria genetica e sui danni che l’essere umano può causare attraverso manipolazioni, aggressione agli ecosistemi o cattive gestioni di armi biologiche o batteriologiche. E il pensiero nell’anno della pandemia da Covid-19 non può che andare alla diffusione del Coronavirus.