È uscita “Kissinger: blood & conquests”, la seconda raccolta di raccontidi Stefano Labbia

Il 10 marzo è uscita la seconda raccolti, in doppia edizione, italiano e inglese, di Stefano Labbia. “Kissinger: blood & conquests” edito da Black Robot Publishing. Scopriamo “Il padre di Kissinger era un bastardo”.

Comunicato – Racconti lunatici. Convulsi. Veri. Con personaggi finti. Immaginari. Ma che la vita la conoscono bene – o che almeno credono di conoscerla! Idiosincrasie, dubbi, domande senza risposta, risposte senza domande. E ancora: vento, tuoni, fulmini, miseria, nobiltà, ricchezza (d’animo e fatta di moneta sonante), pazienza, furia, yin, yang. Controsensi, doppi sensi, sensi unici. Case distrutte, case ricostruite sulle macerie senza neanche chiamare i bulldozer. Come a voler dire: «Ti prego! Crolla di nuovo!». E… morti assurde, genio e sregolatezza, vigliaccheria ed onestà. Gente che perde tempo, gente che non ha tempo, gente che compra il tempo, gente che gioca con la sua vita e con quella degli altri. Vi basta come sunto de “Il padre di Kissinger era un bastardo”?

Stefano Labbia, classe 1984, torna con una nuova opera sagace, pungente e ben costruita. Si sente pulsante tra le righe tutto il suo candore di uomo vissuto con trentatré rughe sul viso e qualcuna di più sul cuore… Eppure… eppure Stefano non ce lo fa mai pesare. Non ci fa mai pesare della nostra “umana condizione”. Anzi! Con i suoi scritti ci invita a riacquistare la calma e la sanità mentale di un tempo… perché la sua analisi dei (tanti) vizi e delle (poche) virtù di noi italiani del 2000 sono lì, in queste 100 e poco più pagine. Violente. Suadenti. Atte non a deridere o a umiliare… ma che fungono da testamento. Da mini Bibbia per chi quegli atteggiamenti vuole evitarli. Per chi vuole tornare ad essere umano. Per chi si guarda allo specchio e vede solo la sua ombra. Sbiadita. Confusa. Distorta. E per chi non sa più sognare… Un piccolo grande capolavoro, questo “Il padre di Kissinger era un bastardo” – che ovviamente non si riferisce al vero Segretario USA! Meriterebbe di essere letto nelle scuole – magari nelle Superiori? Si, dannazione. Non è mai troppo tardi per cambiare china. Per cambiare la propria vita. E quella di chi ci sta attorno. Labbia lo sa. E ce lo dice. Ce lo serve in punta di penna. Senza acredine. Senza livore. Sanguigno e vero. Come sempre.

Le storie di Stefano Labbia sono fatte di scenari aridi e frenetici, di nichilismo e di una umanità di pietra. Le anime che vi trovano voce sono perse e rabbiose eppure non sempre rassegnate perché, anche se non lo danno a vedere, sanno che questo non è il migliore dei mondi possibili.

Quasi un novello Charles Bukowski, Labbia, senza alcol, droghe e compagnia bella s’intende. Ma così puro e violento al tempo stesso da somigliargli narrativamente parlando. E non si sa quanto ci ami – o quanto possa a malapena sopportarle queste idiosincrasie, queste assurdità contemporanee, l’autore – se ce le propone nel menù del giorno. Baci (spesso rubati), abbracci, schiaffi, calci, pugni, pacche sulle spalle: in questa raccolta c’è tutto. Ma non c’è il contrario di tutto: Labbia è pericolosamente coerente a se stesso. Alla sua visione dei fatti che, ahimè, non è per nulla soggettiva ma bensì oggettiva. Senza malizia. Senza tracotanza. Senza mezzi termini. È tutto lì, nero su bianco. E noi, analfabeti del cuore come siamo, sapremo cogliere tra le righe la sofferenza, l’inquietudine, l’allegria, la gioia e… beh, tutto il resto?

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