Europa, attenzione al piano B!

di Marco Marchesini

La sede del Parlamento Europeo a Strasburgo

Durante gli agitatissimi giorni che hanno preceduto la formazione del Governo abbiamo assistito ad una implicita degustazione di quello che oggi stiamo vivendo. Ricordate la confusione, le proteste, i compromessi a cui tutti sono scesi continuando a dichiarare che non sarebbero “arretrati di un centimetro”? Ricordate i toni con cui i membri del Governo avevano attaccato le massime istituzioni del paese, ricordate i toni arroganti e canzonatori che non risparmiarono nessuno? Erano tutti in piccoli assaggi di cui il “Governo del cambiamento”, ancor prima di nascere, ci aveva deliziato. Ed ora questa stessa dialettica ce la sorbiamo tutti i giorni, dove ministri e vicepremier sembrano non aver mai smesso di fare opposizione. Sembra esserci un solo grande assente in questa tavolata, ed è il famigerato e contestatissimo piano B del professor Savona (che da ipotetico ministro dell’Economia ora si riduce ad essere “solamente” ministro degli Affari Europei), quello secondo cui l’Italia si preparava, in caso di necessità, a lasciare l’Euro e, chissà, magari anche l’Europa. Ad oggi questa opzione è del tutto superata, anzi non è mai stata nemmeno un’opzione, anzi il Governo brama di restare in Europa, anzi “l’Euro è irrinunciabile”, assicura il premier Conte.

Eppure, mi sento di invitare alla cautela e di considerare non solo le dichiarazioni di presidenti e ministri, ma anche e soprattutto le loro azioni e i loro atteggiamenti. Non è un segreto che al Governo non vada a genio l’Europa e le sue regole che “minano la sovranità del nostro paese”, ma si ha la sensazione che ci sia qualcosa di più di una semplice avversione, una certa volontà malcelata di indirizzare le operazioni di governo e l’opinione pubblica verso l’originario piano B.

Le aspre critiche, mosse con gli ormai consueti torni insopportabilmente strafottenti e privi di sostanza, sono iniziate fin dall’inizio riguardo le politiche migratorie. È innegabile che l’Europa si sia trovata impreparata e fatichi a trovare una soluzione a questo lacerante problema che la sta frammentando in modo esasperato, ma l’unica soluzione che il Governo è stato in grado di trovare, piuttosto che un appello alla collaborazione tra i 28 stati che solo insieme possono gestire gli enormi flussi migratori, sono state ridicole scaramucce con Francia e Germania e la comunanza di intenti con chi invece, a riguardo, non ha fatto assolutamente nulla, anzi ha remato esclusivamente contro. Oggi si aggiunge anche il DEF e tutta la diatriba che da subito si è portato (e si sta portando) dietro, un altro tornante importante per il governo che svolta sempre più lontano dalle cure dell’Unione. Ecco che si apre quindi un altro focolaio, l’ennesimo punto di attrito tra un’Italia che tenta il cambiamento e un’Europa cattiva che glielo impedisce. La narrativa usata da Lega e Cinque Stelle utilizza le Istituzioni europee come capro espiatorio con cui giustificheranno il fallimento della “manovra del popolo”, il vero punto con cui provocare un conflitto con quel che rimane di un Europa che mai fu più debole e divisa. Se la manovra non avverrà come sperato (il che è quasi certo) o non dovesse riuscire affatto (il che non è improbabile), il Governo potrà giustificarsi addossando la colpa “all’Europa cattiva e serva dei poteri forti” e mantenersi comunque dalla parte del popolo, perché il fallimento è dovuto da cause di forza maggiore.

Infine, ricordiamoci le elezioni Europee di maggio 2019. Se è vero che in Italia la campagna elettorale non finisce mai, ecco che tutta questa retorica anti-europea assume connotati più concreti e pericolosi. Aizzando l’opinione pubblica contro la falsa immagine dell’Europa dei poteri forti che frena l’Italia verso il cambiamento, che bada solo ai numeri e non ai suoi cittadini, responsabile di spaventare i mercati e di far aumentare lo spread, gestita da vecchi ubriaconi, si inizia a profilare l’ennesima forza centrifuga che presto siederà anche in Parlamento Europeo, in rappresentanza di un popolo italiano il cui risentimento è stato creato ad hoc. Quando sentiremo di nuovo sbraitare senza rispetto contro le istituzioni europee, contro quell’Unione di cui il nostro paese fu uno dei primi e principali fautori, fermiamoci un attimo e cerchiamo di non farci travolgere dalla foga della contestazione e cerchiamo veramente di capire il motivo ti tali sparate, ovvero se l’Italia ha veramente contribuito a creare una malvagia organizzazione che limita il nostro potenziale, oppure si sta abusando in maniera strumentale di un’istituzione fragile e malridotta.

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