È di 17 morti e decine di feriti il bilancio della sparatoria avvenuta in un apparentemente anonimo pomeriggio di mercoledì 14 febbraio in un Liceo di Parkland, Florida. L’assassino è un diciannovenne, “mentalmente disturbato” secondo il Presidente Trump, in precedenza espulso per cattiva condotta e che su YouTube, in risposta ad un video, aveva annunciato di voler “diventare un professionista delle stragi scolastiche”.
Non parlerò qui né della dinamica dei fatti, né traccerò un profilo psicologico del folle attentatore. Ciò che preme qui osservare è un problema del quale si discute ormai da tempo immemorabile: l’estrema semplicità con cui si può ottenere un porto d’armi negli Stati Uniti. Stiamo parlando di un paese che organizza appositamente Black Friday per permettere ai civili di acquistare AR-15, AK-47 e Glock a prezzi scontatissimi.
Il problema è irrisolvibile alla fonte: il diritto a possedere un’arma è garantito dal secondo emendamento della Costituzione Americana, che recita: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”.
Ottenerne una presuppone il possesso di requisiti elementari: si va infatti dal semplice possesso di una carta d’identità ad un sommario esame della fedina penale. A ciò si aggiunga che un’indagine condotta dal Congressional Research afferma che negli Usa esistono più armi che persone (357 milioni per 319 milioni di anime) anche se il dato segna una leggera flessione. Non dimentichiamoci inoltre che le Lobby delle armi da fuoco finanziano pesantemente le campagne elettorali dei candidati Presidenti alla Casa Bianca.
Giusto condannare la violenza, doveroso piangere le vittime. Ma se non si procede ad un cambiamento forte e deciso alla radice, limitando la possibilità di ottenere questi strumenti di morte soprattutto a soggetti mentalmente instabili, allora le stragi continueranno ad essere una triste consuetudine.
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