“Mi piacerebbe far pubblicare il mio prossimo album e far produrre i concerti”. La nostra intervista a Irene Betti.

Irene Betti, nata a Roma, è una arpista tra le più brave in Italia. È anche contorsionista, un percorso che le permette di capire ed approfondire il suo cammino artistico. Ha studiato al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma e fa parte di un trio che ha partecipato al prestigioso Festival di Musica Antica in Firenze. La incontro in questa intervista esclusiva.
– Benvenuta Irene, da dove nasce la tua passione per l’arpa?
Partecipai ad un open day alla Scuola Comunale di Musica della mia città. La mia prima insegnante disse che l’ arpa è lo strumento degli angeli e anche uno dei più difficili da imparare. La commistione di queste due cose mi attrasse immediatamente.
– Ci sono vari tipi di arpa, tu quali prediligi?
Ho sempre suonato l’ arpa classica (con i pedali), ma in futuro mi piacerebbe provare l’ elettroacustica.
– L’arpa produce un suono avvolgente e melodioso che non ha bisogno di ulteriori accompagnamenti. Perché si sceglie l’arpa e non un altro strumento?
L’ arpa può ricoprire vari ruoli: solista, strumento d’ accompagnamento, strumento per formazioni di musica da camera o essere inserita all’interno di un’orchestra. L’ arpa mi piace proprio per questa sua versatilità.
– Hai già una carriera molto lunga alle spalle con la partecipazione a vari eventi musicali. Quali ritieni per te i più significativi?
Ho eseguito il concerto per arpa e coro Cerimony of Carols di Britten con la Fondazione Promusica. Ho eseguito con un’ensemble del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma le Folk Songs di Luciano Berio all’ auditorium Harpa a Reykjaví Poi la partecipazione a Imola in Musica e Ferrara Buskers.
– Hai collaborato con Amedeo Minghi, cosa ti ha insegnato questa esperienza?
Vedere l’ arpa in una nuova veste, collocata lontano dal suo ruolo in un’orchestra sinfonica ma a sostegno di un cantautore pop.
– Con chi ti piacerebbe collaborare nel panorama musicale italiano?
Mi piacerebbe con Zucchero.
– Il tuo primo album è del 2017 e si intitola “Vita caotica”, perché questo titolo?
Mi sono sempre chiesta se nell’arte e nella vita avesse senso ciò che fosse costruito con sangue e sudore oppure ciò che il caso facesse brillare per pochi istanti. È il dilemma di chi cerca l’ espressione artistica nella sua spontaneità o di chi lotta affinché emerga dagli abissi dell’ anima.
– Quali sono gli obiettivi per il tuo futuro di musicista?
Mi piacerebbe far pubblicare il mio prossimo album e far produrre i concerti.