Era la sera del 31 luglio quando Francesco Mazzega, 36 anni, ha ucciso la fidanzata e ha camminato con il cadavere in auto per le strade di Udine, fino alla mattina seguente.
“Temo di aver commesso un omicidio”, con questa frase l’uomo si è presentato alla polizia di Palmanova (Ud), confessando il delitto e spiegandone i motivi: si è trattato di un momento di alterazione a seguito di una lite per gelosia.
Dopo circa un mese dall’arresto, il 30 agosto, il Tribunale del Riesame di Trieste ha disposto per Mazzega il braccialetto elettronico, di cui però non vi era una disponibilità immediata. L’uomo era incensurato e di condotta irreprensibile: questi i motivi dai quali è scaturita la decisione, pur confermando il fatto gravissimo e la pericolosità elevata del colpevole. Non era concorde la Procura di Udine, che ha subito fatto ricorso in Cassazione, accendendo la speranza della famiglia Orlando che auspicava in una condanna più severa. Pensiero espresso anche dal loro legale, Fabio Gasperini, che ha riportato il malcontento per “un’ingiusta ed errata decisione che concede all’omicida un beneficio del tutto ingiustificato.”
La disposizione dei domiciliari ha provocato indignazione e protesta anche tra i detenuti del carcere di Udine, perciò Mazzega era stato spostato a Pordenone. E ancora, firme contro la scarcerazione sono state raccolte nel paese di origine di Nadia, Vidulis di Dignano, il cui sindaco, Riccardo Coluzzolo, ha fatto appello al Presidente della Repubblica. Gli Orlando hanno ringraziato quanti hanno mostrato loro solidarietà, schierandosi contro quanto stabilito dal Riesame.
Ciononostante, ieri mattina, dopo 57 giorni dalla confessione, l’assassino è stato scarcerato e oggi si trova a casa dei suoi genitori, agli arresti domiciliari.