Sculture e fotografie re-immaginano il corpo umano attraverso atti di trasformazione. Una coreografia che enfatizza la forza del corpo stesso e la reazione dei materiali su cui esso agisce.

Un interessante mostra sarà in programma al MANN fino al 22 settembre, si chiama “Orogenesi/Orogenesis” di Juliana Cerqueira Leite, giovane artista brasiliana che, espone i suoi lavori per la prima volta in un museo europeo.
Una ricerca che è durata due anni e si compone di sculture e fotografie: Cerqueira Leite, nel suo iter creativo, re-immagina il corpo umano attraverso atti di trasformazione, creando una sottile coreografia che enfatizza, tramite movimenti e gesti, la forza del corpo stesso e la reazione dei materiali su cui esso agisce.
Punto di partenza sono i calchi ritrovati a Pompei nel XIX secolo: i calchi rappresentano la contrazione dei corpi esposti alla violenza dell’eruzione e bloccati in quella che è assimilabile, dal punto di vista scientifico alla “posizione del pugile”. Nella posizione delle vittime dell’eruzione di Pompei, l’artista ritrova due simmetrie con la cultura contemporanea: innanzitutto, si ricollega alla “contrazione”, un passo della tecnica di danza moderna ideata da Martha Graham; ma le sculture e il lavoro fotografico di “Orogenesi” connettono questi riferimenti figurativi alla posizione standard del corpo in assenza di gravità descritta dalla Nasa; la posizione di un individuo in condizioni antigravitazionali, infatti, appare identica sia a quella dei calchi di Pompei, sia alla contrazione della danza moderna.
I lavori inclusi mettono in mostra ed evidenziano il rapporto con il passato (antico e recente), intrecciando dimensioni temporali diverse tramite l’analisi della posizione contratta del corpo. In questo modo vengono suggerite le differenti linee creative che hanno guidato l’artista: Leite ha collaborato con Steven Dubowsky, professore del MIT, per sviluppare una scultura cinetica che punta nella direzione lungo la quale la terra sta viaggiando, evidenziano così il moto involontario e costante nello spazio.
Per l’opera Species-Specific vi è un interessante esperimento artistico: la ballerina Meredith Glisson ha inscenato una serie di “flight or flight responses”, reazioni acute da stress, mentre veniva ripresa in uno studio di motion Capture, generando una serie di dati poi utilizzati per una scultura in stampa 3D; Invece per progettare la sua scultura Anthropometry, Leite ha fatto riferimento agli studi antropometrici della Nasa, dimostrando ciò che un astronauta riesce ad afferrare, allungando il braccio e rimanendo saldamente legato alla sedia dello Space Shuttle.

La mostra conferma le interazioni fra arte performativa, storia e scienza, includendo nell’allestimento una raccolta di fotografie tratte dagli archivi del Parco Archeologico di Pompei, dalla Nasa e della Martha Graham Dance Company.
Le immagini vengono in aiuto per la comprensione del percorso creativo seguito da Juliana Cerqueira Leite.
La mostra è a cura di Nadim Samman e Michele Iodice. L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con ALMA ZEVI (Venezia, Italia) e con il Juliana Cerqueira Leite Exhibition Circle. La produzione delle opere è stata resa possibile grazie al Pollock-Krasner Foundation Grant.
Per maggiori informazioni: www.museoarcheologiconapoli.it