Un luogo in cui la sinistra, la destra e le forze antisistema non sono mai riuscite ad intervenire in maniera adeguata, o per mancanza di tempo, per volontà politica o per semplice incapacità nel gestire il problema e risolverlo adeguatamente.

Roma, periferia ovest. Da anni in quello spazio tra l’aeroporto di Fiumicino e la discarica di Malagrotta esiste una porzione di terra “sconsacrata”, dove formalmente si è nella Capitale, ma nei fatti ci si trova in un posto che non esiste. Ponte Galeria, Piana del Sole, Monte Stallonara: queste le coordinate formali di un luogo nato e cresciuto nell’abbandono e nell’incuria. Qui i servizi sono scarsissimi: un solo autobus attraversa la zona, per anni non si è goduta nemmeno l’ombra di un servizio, in alcuni punti sorgono palazzi senza nessuna strada, lampioni, marciapiedi o allacciamenti del gas. Il rischio di allagamento è sempre presente, data la vicinanza all’ultimo corso del Tevere e l’immancabile abusivismo edilizio selvaggio, dove coscientemente si è costruito – male e su un terreno paludoso – la dimora di oltre 5000 anime.
Qui lo Stato manca, manca la politica, manca l’ordine, manca la responsabilità e manca il nome di una delle vie più rivoltanti della Capitale. Le foto sono state scattate nella via che congiunge via della Muratella a via di Ponte Galeria la cui traversa è via di Castel Malnome. Questo è quanto più si può essere specifici e precisi sulla locazione di questa via fantasma che non ha un nome, come se la si volesse non solo dimenticare, ma estirpare dai pensieri e dagli interessi della politica Italiana e capitolina.

È un luogo in cui la sinistra, la destra e le forze antisistema non sono mai riuscite ad intervenire in maniera adeguata, o per mancanza di tempo, per volontà politica o per semplice incapacità nel gestire il problema e risolverlo adeguatamente. Ecco l’ennesimo esempio del disagio e dell’ingiustizia che vengono create ogni volta che l’accidia all’italiana entra in gioco, ogni volta che il lassismo, la volontà di non affrontare i problemi, di evitarli e di voltare lo sguardo di fronte ad essi, di schivare qualsiasi programmazione, fanno il loro trionfale ingresso nelle pigre menti dell’amministrazione pubblica. L’unico interesse che si perpetra è quello nel prolungare ancora per un po’ quell’equilibrio fragile e miracoloso per cui ancora tutto regge, posticipare la fine (arrivata altrimenti già da tempo) che sarebbe senz’altro un disastro, darsi ancora qualche minuto di respiro e ripetersi che “fin qui va tutto bene”.

Intanto la gente di Ponte Galeria sopravvive, nell’incuria e nell’indifferenza in cui è nata. Contro il sistema che abbandona i propri membri, la risposta meno violenta sembra essere l’adattamento, la convivenza col degrado, che però non fa che alimentare sé stesso in un tremendo circolo vizioso che non si sa come e se mai si potrà interrompere. In zone come queste si è Italiani senza abitare in Italia. Si conoscono i suoi problemi, le gioie e i dolori che riserva questa terra, ma non ci si abita davvero. Si esiste in un non-luogo dove ogni cosa sembra essere concessa, dove il disordine e l’abbandono portano tutti senza distinzione sullo stesso infimo piano. Dovremmo forse aspettare un’altra tragedia come quella avvenuta in un altro non-luogo di Roma, San Lorenzo, in quello stabile maledetto dove nemmeno lì si è in Italia, dove la giovane Desirée ha trovato la morte ad appena sedici anni? Solo quando il fragilissimo equilibrio si rompe in un punto, subito la politica entra in scena con le sue passerelle acchiappavoti ma senza conseguenze. Nelle loro menti non alberga mai la prevenzione, ma sempre e solo il rattoppo dove il fine tessuto si è già strappato e, anzi, dove già si sapeva che si sarebbe strappato.