“Come fai a riconoscere se mentono oppure no?”. “Ragiono come loro, penso come loro”. Distribuito da No.Mad Entertainment, esce oggi in sala il film “Roubaix, une Lumière” di Arnaud Desplechin.
di Renato Aiello

Dopo il passaggio l’anno scorso al Festival di Cannes 2019 e a quello del cinema francese in Italia, il Rendez Vous, e dopo aver raccolto candidature e premi Lumière e César, il film Roubaix, une Lumière di Arnaud Desplechin esce in sala il 1 ottobre, distribuito da No.Mad Entertainment.
Il regista francese, forse ancora poco conosciuto in Italia, si cimenta per la prima volta con un genere per lui nuovo, il polar, casi di poliziesco e noir, tessendo la trama di un vero e proprio thriller dell’anima, fortemente introspettivo. “Come fai a riconoscere se mentono oppure no?”, chiede la giovane recluta al commissario di polizia di Roubaix, piccola cittadina del Nord della Francia al confine col Belgio, il quale gli risponde secco: “Ragiono come loro, penso come loro”.
Durante le festività natalizie, nel gelo nordeuropeo fotografato splendidamente in questo film, un commissariato di polizia si ritrova a indagare sull’omicidio di un’anziana signora in un appartamento di periferia e cerca di fare letteralmente luce, la lumière del titolo. Il sospetto ricade sempre più sulle due giovani vicine, amiche e conviventi (una delle due ha anche un figlio), che inizialmente cercano di far ricadere la colpa del delitto su altri, per poi crollare sotto i colpi delle domande incalzanti e degli interrogatori separati, tra sgomento e accuse reciproche.
Il mistero aleggia, l’atmosfera tipica del genere cinematografico c’è tutta, eppure a Desplechin ciò che interessa è l’introspezione, lo scavo psicologico delle due sospettate, Claude e Marie, attraverso primi e primissimi piani in cui gli occhi parlano da soli e benissimo.
Merito della direzione attoriale e dei fantastici attori a disposizione: Roschdy Zem, il poliziotto algerino Daoud, ha meritato l’Oscar francese, ovvero il César, mentre Lea Seydoux è l’ennesima conferma, la complice Sara Forestier si rivela una bella scoperta, forse anche più brava della più famosa Seydoux. Occhioni azzurri e carichi di pathos drammatico che ricordano molto quelli della connazionale Marion Cotillard, questa giovane attrice ha forse il ruolo più difficile, lacerante, e senza sbavature o eccessi regala una performance notevole.
Il film è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione: “Un commissario esperto e compassionevole. Due donne amanti e forse assassine. Una città, Roubaix, estremo nord della Francia, terra desolata e impoverita, filmata con toni lividi e notturni. Un polar dai tanti rimandi cinefili (Hitchcock, Melville, Pialat), mosso però da un sentimento di pietà verso vittime e carnefici, quasi sconsolato nell’attestare i vari tentativi della ragione di rendere comprensibile il caos della realtà”.
Quello che sta a cuore al regista è infatti un senso di pietas nei confronti delle due assassine, vittime anche loro in questa storia ispirata a un fatto di cronaca, raccontato tempo fa in un documentario per France 3 da Mosco Boucault: «Per la prima e unica volta nella mia vita – spiega Desplechin– ho solidarizzato con due criminali e ho voluto riconsiderare le parole crude delle vittime e delle colpevoli come la più pura delle poesie».

Ripensando al finale de “Les Miserables” di Ladj Ly, e alle parole di Victor Hugo citate nel film candidato quest’anno come miglior film straniero per la Francia “Non ci sono né cattive erbe né cattivi uomini, ma solo cattivi coltivatori”, è inevitabile riflettere sulle esistenze condannate alla miseria economica e sociale e ai destini talvolta persino criminali cui approdano.
In una delle sue ronde notturne e delle corse mattutine, il giovane Louis Cottarel, agente appena uscito dall’accademia di polizia, ricorda come Roubaix, città poverissima di confine e di immigrati, sia progressivamente sprofondata in una depressione socioeconomica i cui frutti, purtroppo, non tardano a manifestarsi tra piccoli e grandi crimini, bravate e false testimonianze in caserma.
“Eri la più bella della scuola ma non ti aspettavi sarebbe finita così”, sussurra il detective Daoud alla bella Claude, suscitando empatia nello spettatore, invitato a porsi anch’egli domande sul presente e sulla negazione della felicità per molte persone.
La crisi che stiamo vivendo non farà altro che esacerbare un quadro che in Occidente si presenta d’altronde già grave e preoccupante.