
Le Iene hanno riportato alla luce uno degli eventi più tragici della cronaca nera italiana: la cosiddetta “Strage di Erba”, consumatasi l’11 dicembre del 2006. Le vittime della carneficina furono Raffaella Castagna, il figlio di soli 2 anni Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini con il suo cane. Il marito di quest’ultima rimase gravemente ferito.
Reo confessi i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, vicini di casa delle vittime; pare che il movente fosse una convivenza difficile, costellata di liti e minacce. Ora però, dopo 12 anni dalla chiusura giudiziaria del caso, stanno sorgendo i primi dubbi. Lo stesso marito di Raffaella Castagna, Azouz Marzouk, in un’intervista all’inviato de Le Iene Antonino Monteleone, ammette di essere fermamente convinto dell’innocenza dei due ex vicini di casa: “Per me erano due persone giuste per chiudere l’indagine e basta, ma tutto quello che sto facendo lo sto facendo per le persone che sono state ammazzate”.
Molti studiosi, esperti di criminologia e la stessa psicologa del carcere di Coma dove sono detenuti i due accusati sono con lui, cambiando completamente le carte in tavola: nonostante l’opinione pubblica sia più che certa che i due assassini siano in galera ormai da anni, pare che, alcune delle prove presentate al processo per incriminarli, non siano così fondate.
A far crescere i dubbi poi ci sono le indagini del Ris di Parma: pare che non siano presenti tracce biologiche delle vittime nella casa di Olindo e Rosa né dei due nella casa dove venne consumato il massacro. In più, ciò che fa dubitare della veridicità di alcuni elementi, sono alcuni oggetti, tra cui un telefono, un accendino e un mazzo di chiavi mai analizzati e tutti misteriosamente distrutti.
Monteleone si è recato nel carcere di Como per intervistare proprio colui che è considerato il maggior colpevole della strage: per la prima volta in televisione dopo anni, Olindo si presenta con un atteggiamento remissivo, capelli ormai bianchi e sguardo rassegnato.
“Non siamo stati noi, non sono stato io ad uccidere quelle persone”
Alla domanda del perché si trova lì, condannato all’ergastolo, risponde semplicemente: “Non lo so nemmeno io, forse perché ci hanno scambiati per quello che non eravamo, ci hanno scambiati sicuramente. I fatti non coincidono con tutto quello che è successo, con quelle mezze confessioni comprese”, e alla domanda se sia lui l’assassino, risponde con un “No” secco e deciso. Ma allora, perché confessare?
Risponde anche a questa domanda Olindo, spiegando di essere stato costretto dal suo vecchio avvocato che giustificava la confessione come ‘il male minore’, nonostante sia stata proprio quella una delle principali motivazioni che sono costate l’ergastolo a marito e moglie.
“Dopo due giorni sono arrivati due carabinieri e ci hanno detto che eravamo messi male e ci hanno prospettato una via d’uscita: era il minore dei mali confessare, una cosa così. Il mio primo pensiero era riuscire a vedere mia moglie, perché da quando eravamo entrati in carcere non l’avevo più vista. Noi abbiamo cercato di resistere, però mi hanno detto: ‘se non confessi non vedi più tua moglie’ e anche quello ha influito. Hanno fatto leva sui nostri sentimenti. I dettagli ce li hanno fatti vedere loro, i magistrati, su un mucchio di fotografie degli omicidi che ci hanno messo sul tavolo. Se tornassi nel 2006 non rifarei la confessione”.
Risponde anche a questa domanda Olindo, spiegando di essere stato costretto dal suo vecchio avvocato che giustificava la confessione come ‘il male minore’, nonostante sia stata proprio quella una delle principali motivazioni che sono costate l’ergastolo a marito e moglie.
“Dopo due giorni sono arrivati due carabinieri e ci hanno detto che eravamo messi male e ci hanno prospettato una via d’uscita: era il minore dei mali confessare, una cosa così. Il mio primo pensiero era riuscire a vedere mia moglie, perché da quando eravamo entrati in carcere non l’avevo più vista. Noi abbiamo cercato di resistere, però mi hanno detto: ‘se non confessi non vedi più tua moglie’ e anche quello ha influito. Hanno fatto leva sui nostri sentimenti. I dettagli ce li hanno fatti vedere loro, i magistrati, su un mucchio di fotografie degli omicidi che ci hanno messo sul tavolo. Se tornassi nel 2006 non rifarei la confessione”.
Le Iene inoltre sono riuscite ad intervistare il carabiniere che portò in tribunale l’unica prova scientifica su cui era fondata la colpevolezza dei due: una macchia di sangue non visibile di una delle vittime, ma lo stesso ha ammesso che potrebbe essere stata una contaminazione; e ancora, Valerio, l’unico superstite della strage, nella prima testimonianza ricordava il suo assalitore alto e di carnagione olivastra, molto lontano dalla fisicità di Olindo Romano.
Passati per 26 giudici e dichiarati da tutti colpevoli, Olindo non crede più nella giustizia ma dice di sperarci ancora.