“Tre Estati”, edito dall’Associazione Culturale Il Foglio, è la nuova proposta letteraria della scrittrice toscana Beatrice Bargiacchi. E’ il racconto di un viaggio, compiuto nel corso di 60 anni, dai membri di una famiglia, di generazione in generazione, viaggio descritto attraverso le poesie dell’autrice. “Tre estati” è un romanzo particolare, fatto di poesie che al posto dei capitoli raccontano il lungo cammino intrapreso dagli uomini e dalle donne di questa famiglia, alla ricerca della felicità.
Le poesie non hanno né rime, né strofe. Descrivono le azioni compiute dai protagonisti di questa famiglia: nonni, genitori, nipoti, figli, e o rapporti che li legano, le incomprensioni, i rancori, gli affetti. Questo volume può essere definito un romanzo poetico oppure poesia narrativa, di fatto non entra in nessun clichè editoriale, è una sorpresa intensa da scoprire pagina dopo pagina.
Ogni protagonista di questa storia si porta dietro un bagaglio di esperienze che ovviamente influenzano il loro futuro, ne raccontano il passato, ne descrivono i sentimenti. Un percorso di ogni membro della famiglia che va oltre il legame di sangue.
Beatrice Bargiacchi, classe 1992, cresciuta a Bagno di Gavarrano, Grosseto, studia filologia, letteratura e storia dell’antichità all’Università di Firenze. Ha pubblicato “Schegge d’attimi” (Innocenti, 2010), e il racconto “Sempre caro” pubblicato all’interno della raccolta “Caput Boreanum. Ripartiamo da noi” a cura di Simone Pazzaglia (il foglio, 2015).
– Beatrice Bargiacchi, una giovane donna che si dedica alla poesia e che non smette di studiare mai. Che valore dai ai versi poetici nel 21° secolo?
La meraviglia della poesia è che, come ogni forma d’arte, ci ha accompagnati nel corso dei secoli rinnovandosi e aggiornandosi continuamente, facendosi sempre specchio della nostra società. Nell’età Barocca era più ampollosa ed eccentrica, proprio come tutto il mondo attorno a lei; durante l’Illuminismo si è fatta più asciutta e scarna; nel periodo Neoclassico, in cui l’uomo guardava con rimpianto all’Antica Roma e alla Grecia, la poesia seguiva in tutto e per tutto questo filone nostalgico; con il Futurismo, insieme alla nuova aria di rivoluzione e modernità, anche i componimenti poetici hanno abbattuto tutte le regole su cui si sono sempre basati e ne hanno costruite di nuove. Al giorno d’oggi succede esattamente lo stesso: non esistono più correnti culturali compatte (come lo sono state appunto il Neoclassicismo, il Futurismo ecc). L’uomo è svincolato da qualsiasi schema ed è libero di esprimersi secondo impressioni che sono solo sue. La poesia non fa altro che rispecchiare questo: non segue più regole precise, ognuno la interpreta e la realizza nelle forme che desidera.
– “Tre Estati”, la tua ultima uscita, è un lavoro davvero particolare e bellissimo, non un prodotto “commerciale”, nel miglior senso positivo. Amo le cose “non da tutti” e amo il potere educativo della cultura e della poesia. Partiamo dal titolo, come ci sei arrivata?
Prima di tutto grazie di cuore per queste belle parole. Tre Estati è un racconto “circolare”. I protagonisti compiono un lungo viaggio che non fa altro che ricondurli al loro punto di partenza. Che sia fisico, oppure emotivo o mentale, il viaggio è il cammino che intraprendi per arrivare lontano, ma che alla fine ti riporta esattamente dove eri partito. Sei sempre lo stesso ma più arricchito e, si spera, più felice. Nel libro succede questo. Proprio come l’estate, che ogni anno torna: simile alla precedente ma con qualcosa in più da raccontare.
– Poesia dopo poesia tu racconti la storia di una famiglia, generazione dopo generazione. Da dove hai preso ispirazione e perché hai deciso di non farne un vero romanzo?
Poco tempo prima di pensare a questa storia mi ero imbattuta in un album bellissimo: Dracula Opera Rock, della Premiata Forneria Marconi. È composto da 27 canzoni che, se ascoltate una dopo l’altra in progressione, ti raccontano la storia del conte Dracula. L’ho trovata un’idea geniale e ho pensato che sarebbe stato bello scrivere un libro seguendo questo principio. L’idea di parlare di una famiglia nasce per riflettere su quelli che sono i legami di sangue e gli insegnamenti, le esperienze e le idee che inevitabilmente questi legami ti generano dentro.
– “Tre Estati” non ha né rime, né strofe e questo comporta una maggiore difficoltà per te che hai scritto. Perché questa scelta?
Dovendo raccontare una vera e propria storia, con un inizio, uno svolgimento e una fine e con gli stessi personaggi che avrebbero agito all’interno di essa, anche le poesie avrebbero dovuto adeguarsi a questa necessità. Ho quindi lasciato da parte sonetti, rime e strofe e ho cercato uno stile più moderno e vicino alla prosa, per far sì che la trama risultasse comprensibile.
– Secondo te quale insegnamento si può trarre da “Tre Estati” dopo averlo letto?
Sono davvero troppo giovane per poter insegnare qualcosa. Spero solamente che questo libro sia in grado di svolgere quello che è il compito della poesia e della letteratura: stimolare delle riflessioni e, perché no, emozionare anche un pochino.